Il peso delle proprie scelte

Il peso delle proprie scelte

Non è mai facile vedere al di là delle proprie scelte. Per me non è mai stato semplice o naturale compiere tutte le azioni necessarie affinché gli ideali in cui credevo potessero trovar spazio e applicazione nella vita quotidiana di ogni singolo abitante del mio Paese.
“La legge è uguale per tutti”, sì… forse nei sogni dei nostri padri costituenti, perché nel mio mondo, quello reale, la legge è stabilita a priori da chi può e da chi detiene il potere e nel corso della mia esistenza ho potuto constatare che mai essa è riuscita a specchiarsi nella giustizia. È una legge diversa quella cui tutti noi siamo chiamati ad osservare e io, in primis, non posso in alcun modo tirarmene fuori. Non è possibile aggirarla. Merita rispetto e timore. Inoltre merita salvaguardia e anche in questo caso sono io ad entrare in gioco. Poiché se essa non viene tutelata potrebbero accadere cose davvero spiacevoli sia alla mia persona, sia ai miei cari. Sono gli affetti, i legami più stretti quelli che ti portano a compiere scelte che vanno al di là dell’impensabile.
Ebbene sì, io appartengo al mondo politico e dalla mia posizione ho potuto assistere e, ahimè, commettere ogni genere di nefandezza. Ci vuole polso, carattere e stomaco per non restare schiacciati dagli ingranaggi che compongono la grande macchina burocratica del mio Paese. Ci vuole carisma e capacità d’improvvisazione per celare e mascherare tutto ciò che avviene dietro le quinte, nell’ombra, e che permette a pochi eletti di imprimere il loro indelebile marchio sulla storia del Paese.
Incarico dopo incarico, discorso dopo discorso, resti impregnato di un puzzo inodore, di una melma invisibile che ogni giorno corrode e consuma le tue carni fino ad avvinghiarsi all’essenza della tua anima. Si precipita giù in un pozzo senza fondo, sbattendo fra le rocce spigolose delle pareti, affogando e riemergendo dal tuo stesso sangue. Un morbo, un’infezione, che si propaga. Un batterio che si insinua nel tuo corpo e che si moltiplica infestando tutto ciò che è puro e sano. Di pulito resta solo la tua immagine. Un fisico ben allenato, una faccia sbarbata e un sorriso ultra-bianco e ammaliante per conquistare le folle e abbagliare gli occhi delle menti più attente.
Agli inizi era tutto diverso. C’era la speranza e l’esuberanza coraggiosa e ribelle di chi sapeva di esser nel giusto e affrontava ogni difficoltà a testa alta. Ogni comizio sul palco era una battaglia. Una lotta senza nemici. Una guerra interiore con l’obiettivo preminente di spingermi sempre oltre i miei stessi limiti. Il fine era quello di portare alla ribalta le mie idee puntando tutto sulla fame che il popolo aveva. Una fame che io conoscevo bene perché l’avevo provata e perché continuavo a provarla. Una fame che cresceva ogni volta che non riuscivo a raggiungere un obiettivo, ogni volta che mi ritrovavo disteso per terra senza che ci fosse nessuno ad aiutarmi. Mi rialzavo da solo e poi proseguivo più forte di prima, senza guardarmi indietro.
Ho fatto la gavetta e so cosa si prova a partire dal basso. Una scalata infinita iniziata ad occhi chiusi, poiché se avessi aperto gli occhi mi sarei certamente reso conto che la cima era troppo alta e in teoria irraggiungibile.
E in effetti lo era. Non avrei mai potuto raggiungere il mio scopo. Non me lo avrebbero permesso. E fu allora che iniziarono i primi compromessi. Scendere a patti per cercare di trovare un equilibrio fra ciò che era stato fino a quel momento e ciò che invece io perseguivo.
Tante scelte davvero difficili da compiere e non posso negare di esser stato miope ed egoista nel compierle.
Ecco perché ero lì, nel mio ufficio, a dover nuovamente decidere le sorti del mio Paese. Una settimana e ci sarebbe stato il referendum e quello sì che avrebbe davvero potuto portare a una svolta colossale per l’umanità. Ma questo ai miei capi, se così li posso chiamare, non andava affatto bene. A loro non conveniva e posso ben comprendere le loro motivazioni, perché se le cose fossero restate immutate come lo erano state negli ultimi anni, loro non ci avrebbero rimesso né denaro, né potere. Al contrario sarebbero stati loro a perdere qualcosa, mentre gli altri, i più poveri e miserabili, ne avrebbero tratto giovamento. Di certo, da giovane, potevo essere annoverato nel secondo schieramento, ma col tempo le cose erano cambiate. Le mie mani erano troppo sporche di catrame misto a sangue per poter prendere decisioni diverse da quelle che mi venivano imposte.
C’era un delatore, un infiltrato che aveva deciso di rivelare al mondo intero alcuni segreti cruciali per le sorti della votazione, in modo da intaccare quegli equilibri così cari ai miei datori di lavoro. E spettava a me occuparmene.
Normalmente avrei assoldato un esperto in materia. Un professionista che con molta discrezione avrebbe reso questo informatore totalmente invisibile e introvabile per chi lo avesse cercato. Ero in procinto di chiamarlo, ma uno strano impulso accompagnato da un’idea alquanto singolare mi aveva portato a cambiare i miei piani. Mi recai, infatti, io stesso nell’appartamento in cui aveva cercato riparo questo delatore per spiegargli meglio la situazione. Cercare di dissuaderlo era il mio primo pensiero così, colto da una forte nostalgia verso il passato e verso gli ideali sui quali tanto avevo scommesso, gli offrii l’opportunità di fuggire via e di mettersi in salvo all’estero, previa consegna di tutto il materiale sensibile che aveva sottratto.
Accettò.
Mi ritrovai seduto alla mia scrivania con un fascicolo di documenti riservati che avrei dovuto riconsegnare a chi di dovere.
La coscienza, però, negli ultimi giorni aveva iniziato a mordere freneticamente la mia bile, il mio stomaco e il mio cuore, senza darmi tregua. Avevo perciò chiamato una giornalista mia amica per fare la stessa scelta del delatore. Offrire al mio Paese la verità.
«Ma il mondo non è ancora pronto per la verità» furono le ultime parole che pronunciò il mio assassino puntandomi la sua pistola alla tempia.

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Il peso delle proprie scelte di Claudio Boccuni è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.