Banchi di nebbia

Banchi di nebbia

 

Freddo! Aria gelida si infrangeva sulla pelle cristallizzando le mie paure e rendendole tangibili, concrete.
Cosa era successo? Perché tutta quella foschia?
Solo grigio davanti a me. Una fitta nebbia priva di motivazioni si abbatteva sui miei occhi e si insinuava nei pensieri. Non riuscivo a ragionare o a riflettere. Dovevo ricordare qualcosa, ma la mia memoria sembrava farsi scudo dietro quella bruma. Era doloroso recuperare anche un singolo frammento di ciò che prima era stato e che ora sembrava perso, sepolto nel cimitero dei ricordi. Provai a muovere un passo in avanti, ma era come se le gambe non mi appartenessero, come se il mio corpo avesse ripudiato la mia essenza, tagliando quei fili invisibili che collegano ciò che appare con ciò che siamo.
Che il mio sguardo non stesse più mettendo a fuoco la sfera tangibile della nostra esistenza?
Provai a chiudere gli occhi, ma questi restarono aperti, completamente immersi nella densa e immanente foschia. Forse non era la nebbia ad aver usurpato l’ambiente circostante. Forse era essa stessa quell’ambiente.
Cercai di aguzzare la vista ed ecco che qualcosa spiccava, qualche metro più avanti, dissimile da tutta quella bruma. Una macchia marrone, dal contorno squadrato.
Un libro…
Non riuscivo a muovere un passo, ma sapevo che di fronte a me avevo la chiave di tutta quell’assurda situazione. Il mio cuore iniziò a battere più velocemente, rincorso dalla mia stessa paura che dal nulla iniziò a materializzarsi dinanzi a me. Un’informe massa di inchiostro stava mano a mano consumando la nebbia, prendendone il suo posto. Filamenti di liquido nero si estendevano come capillari sanguigni dinanzi al mio sguardo attonito e paralizzato. Senza rendermene conto ero riuscito a muovere un passo verso il libro e ora non sembrava più così irraggiungibile. La mia meta era, però, minacciata dall’inchiostro che ora cercava di sbarrarmi la strada materializzandosi in qualcosa di molto simile a una gabbia. Essa avvolgeva il libro e lo proteggeva rendendolo inaccessibile e impenetrabile alla mia vista.
L’eco di una voce profonda tuonò nelle mie orecchie destabilizzando il mio equilibrio e interrompendo la mia concentrazione. L’inchiostro continuò ad avvolgere il libro fino a farlo scomparire, avviluppato nelle strisce nere che avevano preso il sopravvento. La foschia era scomparsa. Il suo posto era stato preso dal buio più totale. Nessuna possibilità di risolvere l’enigma che mi era stato proposto e nessun pensiero era più in grado di virare quella beffarda situazione verso la giusta rotta.
L’eco che avevo udito poco prima iniziò a farsi più chiaro. Era la voce di una donna che rivolgeva a me le sue attenzioni. Il suo era un timbro autoritario e vivace. L’impatto sonoro delle sue parole ebbero la forza di rompere l’incantesimo e sgretolare le pareti di inchiostro che avevano ostacolato il mio pensiero nel suo incedere verso la soluzione. Il libro, però, era scomparso. La foschia iniziò a diradarsi lasciando il posto a dei contorni familiari e ben definiti. Tutto ormai era perduto.
«D’accordo, vedo che non ha studiato. È inutile proseguire oltre e perdere altro tempo. Si presenti la prossima volta» sussurrò la voce autoritaria della professoressa.
Io le strinsi la mano, mi alzai e tornai al mio banco.

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Banchi di nebbia di Claudio Boccuni è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.