Alfred Hitchcock

Alfred Hitchcock

 

«Dovrebbe prendermi un po’ più sul serio» gli dissi mentre stavo seduto su quel suo scomodo divano bianco.
«Lei è qui poiché sa che tutto questo è alquanto insolito!» rispose lui nascondendosi dietro i suoi occhialini da lettura e la barba da rabbino in pensione. Nella mano sinistra reggeva una penna e nell’altra un blocco note sul quale annotava le mie riflessioni. O, magari, faceva solo finta di prender appunti.
«È insolito, questo è vero!» ammisi «Tuttavia non bisogna credere che questo sia impossibile o che io per questo sia pazzo.»
Lui mi guardò stizzito. Non credo fosse molto contento del suo lavoro e il suo rifiuto di comprare un nuovo divano, più comodo per i clienti, mi faceva supporre che non navigasse in buone acque.
«Glielo ripeto ancora, dato che questo forse può influire positivamente sulla sua terapia. Il semplice fatto che lei sia venuto qui da me lascia presagire e dedurre che lei sappia di dover correggere qualcosa a livello mentale. Le posso assicurare che in questa stanza non c’è Alfred Hitchcock!»
Il mio caro amico regista non la prese molto bene. Scosse lentamente la sua testa, ma a muoversi, inevitabilmente, fu tutto il suo corpo e io non potei fare a meno di notare l’oscillazione del suo buffo pancione. Alfred se ne rese immediatamente conto e mi fissò con aria severa.
«In realtà» risposi «non sono qui per vedere se c’è qualcosa che non quadra in me.»
«Ah, no?» fece il mio dotto interlocutore mostrando più interesse per il taccuino che per me.
«No» continuai risoluto «Sono qui per confermare la sua esistenza. Vero Alfred?»
Il buon caro e vecchio regista annuì soddisfatto e iniziò a passeggiare per lo studio incrociando le mani dietro la schiena. La sua attenzione era rivolta alla libreria del mio analista e ai volumi che essa conteneva.
«Temo allora di aver frainteso» fece il mio erudito interlocutore, strappando via una pagina dal suo taccuino, appallottolandola e gettandola nel cestino di fianco alla porta.
«Credo debba cambiare mestiere e darsi al basket» commentai sarcastico. Lui continuò impassibile ad annotare qualcosa sul blocco note. Alfred nel frattempo si era diretto alla scrivania per consultare l’agenda personale del dottore.
«Solo altri due pazienti in questa settimana» commentò con un borbottio l’illustre regista.
«Come immaginavo» dissi e immediatamente notai il disappunto negli occhi dell’analista.
«Gradirei che lei parlasse solo con me nel tempo che ci è concesso di stare insieme per approfondire il suo problema» asserì lui corrucciando le sopracciglia.
«Certo, ma non è semplice come lei crede» ribadii nei suoi confronti «In fondo stiamo parlando di una leggenda del mondo cinematografico. Immagino che anche lei abbia visto qualcuno dei suoi film.»
Alfred aveva gonfiato il petto, tronfio per i commenti positivi da me espressi. Al contrario il mio analista era alquanto irritato dal mio comportamento.
«No, mi spiace» rispose «Non ho mai visto i suoi film. Lo conosco solo per fama.»
Alfred si avvicinò a me e poggiò la sua mano sulla mia spalla, scuotendo il capo.
«È un povero idiota senza alcun gusto per l’arte, sia essa cinema o letteratura. Nessun volume interessante nella sua libreria. Sono solo tante opere rilegate, utili a riempire gli spazi e dare una parvenza dignitosa a questo posto!»
Fu questo il suo sfogo mentre si dirigeva verso il cestino nel quale l’analista aveva lanciato il foglio di carta che prima era in cima al suo taccuino. Alfred lo raccolse e lo aprì per poi mostrarmelo. Nessun appunto, ma solo alcune partite di tic-tac-toe, o tris che dir si voglia, giocate in solitario. Non ne rimasi sorpreso.
«Alfred non l’ha presa molto bene» gli dissi, ma lui fece finta di non ascoltarmi, tenendo gli occhi fissi sul suo taccuino.
«Non dovresti perdere troppo tempo con lui» fu il consiglio del grande maestro della suspense «Non oso immaginare quanto si faccia pagare per la sua inettitudine. Un uomo di tale indole non avrebbe mai lavorato a un mio progetto. Mai!»
Alfred era evidentemente irritato. Lanciò il foglio di carta verso il cestino per rimetterlo al suo posto, ma la mira non era affatto delle migliori. Il foglio appallottolato rimbalzò sul dorso e finì sul pavimento. Lui camminò sino al punto in cui era finito per riprenderlo, non senza un considerevole sforzo a causa del pancione che gli impediva anche i più semplici movimenti.
«Per quanto mi riguarda» fece l’analista stizzito «in questa stanza siamo io e lei. Soli!»
Detto questo si alzò dalla sua sedia e si avvicinò alla scrivania per riporre il suo “utile” taccuino all’interno di un cassetto. Poi il suo sguardo ricadde sui fogli che stavano affianco all’agenda che prima Hitchcock aveva consultato.
«Che strano…» mormorò. La finestra era socchiusa e una folata di vento aveva fatto sì che le prime pagine si fossero sparpagliate su tutta la superficie della scrivania «… ero convinto di averlo lasciato qui sopra.»
«Cosa?» chiesi incuriosito, mentre con la coda dell’occhio notai un Alfred alquanto irrequieto.
«Si tratta di un coltello» disse l’analista «o meglio di un tagliacarte che all’occorrenza uso per tenere fermi i fogli. Potrebbe non dare questa impressione ma il mio ufficio si trova in una zona parecchio ventilata e qui svolazza sempre di tutto.»
Alfred si era avvicinato molto lentamente all’analista con la mano sinistra all’interno della tasca del suo pantalone.
Difficile spiegare ciò che accadde dopo.
Sia io che l’analista iniziammo a sentire in sottofondo una musica celebre e nota, composta dal famoso Bernard Herrmann. Si trattava di “The Murder” unanimemente collegata alla scena dell’assassinio in doccia di quello che forse può essere considerato il più famoso thriller di Alfred: Psycho. Fu così che accadde l’impossibile. Per una qualche misteriosa ragione l’analista riuscì finalmente a vedere il grande regista nella stanza. Lo vide dinanzi a lui in tutto il suo splendore e in tutta la sua rabbia. Hitch sollevò il braccio sinistro rivelando l’oggetto nascosto dalla tasca del suo pantalone. Era il tagliacarte scomparso. Il mondo mutò i suoi colori tramutando ogni cosa in bianco e nero. Il tutto durò pochi secondi, ma la sensazione fu di assistere a un intero lungometraggio. A tempo di musica Alfred scagliò la sua furia omicida sul malcapitato dottore, accoltellandolo più e più volte in diverse parti del corpo. A nulla servirono le urla disperate e imploranti della vittima. Il pavimento finì per macchiarsi del suo sangue e per divenire giaciglio del suo eterno riposo.
Pochi istanti dopo cessò la musica e i colori tornarono a popolare il mio mondo.
Da affascinante regista Alfred si era trasformato in spettro malvagio per poi riprendere il suo nobile aspetto e il suo contegno inglese.
«Molto bene» commentò «Una volta dissi che non c’è terrore nello sparo, ma nell’attesa di esso… Credo che il principio si possa applicare anche a un coltello.»
E detto questo il buon Alfred lasciò la stanza soddisfatto.

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Alfred Hitchcock di Claudio Boccuni è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

4 Comments
  1. Ciao Claudio ! Che finale da brividi ! Complimenti, mi è piaciuta tantissimo questa tua storia 🙂 La figura di Alfred Hitchcok mi ha fatto sorridere divertita all’inizio, e poi inorridire nella conclusione, quando ho preso a chiedermi se per caso lo spettro non fosse altro che una proiezione del paziente folle. Sono felice che tu non abbia dato una risposta netta alla domanda. Il tuo stile narrativo è fluido, gestisci bene la tensione, e con pochi sapienti dettagli hai saputo dare corpo e colore ai personaggi e all’ambientazione. Solo nelle tre righe in cui parli di The Murder la narrazione lascia un po’ il passo all’argomentazione, (deformazione professionale? ), per il resto davvero non trovo difetti. Grazie per la pelle d’oca 😉 Ps : ho scaricato il pdf di Follie Metropolitane, sono curiosa di leggere altro di tuo ! 🙂

    • Ti ringrazio per il commento e per aver centrato una delle stonature che ho trovato in fase di scrittura: la colonna sonora. Davanti ai miei occhi la scena si è materializzata con la più che famosa musica di Psycho, ma ammetto che scrittura e video sono due mondi diversi e che la cosa non ha funzionato a dovere nel momento culminante dell’azione e della violenza.
      Spero che le prime storie di questo blog presenti in Follie Metropolitane Volume 1 possano piacerti e regalarti un’ampia gamma di emozioni. Alienato, il primissimo racconto, è quello cui tengo maggiormente, ma si sa che, dopo la pubblicazione, un’opera è del pubblico che la legge e non più dell’autore che la scrive 🙂 Ancora grazie!

  2. Davvero bellissimo racconto complimenti ^^
    Mi piace come hai strutturato la storia. Parte in medias res o comunque il lettore deve ricreare l’ambiente e tu sei stato molto bravo a ricostruire gli eventi e farli capire con le giuste pause. Prima della scena finale ho quasi avvertito un guizzo, un cambiamento di tono ma l’omicidio accaduto poco dopo è circondato da una raggelante calma e da un orrore senza fine. Ho amato l’ultima scena, mi è piaciuta la trovata del bianco e nero che trovo particolarmente adatto nella storia ^^ Questa storia ha uno stile scorrevole che coinvolge il lettore e gli fa desiderare di saperne di più.
    Non mi aspettavo quel rapido cambiamento. L’analista era antipatico, poco professionale e anche irrispettoso ma anche con tutti questi difetti, viene travolto dalla furia dello spettro, lasciando un retrogusto amaro ma che nel complesso ho trovato piacevole e ben dosato.
    Non sono una grande esperta di horror (ho letto solo Poe nel genere) nè di thriller (anche se ultimamente mi sto avventurando nel thriller psicologico) ma davvero complimenti ^^ Una storia che mi ha colpito molto e merita di essere letta!
    Hai rispettato perfettamente il tema e il limite di parole imposto dalla sfida ^^
    Davvero complimenti! Passerò sicuramente a leggere qualcos’altro di tuo, a presto ^^

    Ps. Ho riportato qui il commento ^^

    Alice Jane Raynor

    • La partenza in medias res era quasi obbligatoria a causa del limite di caratteri. C’era tempo solo per una scena o al massimo due. Il tema “spettro” unito a un’idea che si è insinuata quasi subito nella mia mente ha fatto nascere questo piccolo omaggio al Maestro della Suspense. Ti ringrazio per questo commento più che positivo nella speranza che Follie Metropolitane possa diventare occasionale punto di ritrovo per una storia da leggere.

      Ps. ho riportato la risposta ^^

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